Ci abbiamo pensato per settimane.
Un momento eravamo convinti, il momento dopo ci convincevamo del contrario.
Siamo su questo terreno ormai da 8 mesi, e abbiamo vissuto sul nostro camper la torrida estate, il mite autunno e un’insolito, piovoso inverno; abbiamo costruito una veranda antistante la nostra caravana per avere uno spazio esterno sotto cui proteggerci dal caldo e dall’acqua, dove i nostri cani hanno il loro giaciglio e dove i bambini hanno conservato attrezzature e manufatti naturali e artificiali di ogni tipo.
Il nostro camper è la nostra tana accogliente, e in esso ci sentiamo bene e al sicuro dalle intemperie. Ma ora che i nostri progetti si stanno evolvendo, e il tempo in cui staremo stabili si sta sempre più allungando, ognuno di noi sta sentendo il bisogno di spazio.
Spazio per Federico e Pietro dove collezionare i loro lavori e giochi, spazio per me dove progettare e creare le mie opere di cucito, cucina o materiali didattici per la casetta dei bambini, spazio per Tomas dove dedicarsi ai suoi progetti e ai suoi interessi, o più banalmente spazio per invitare qualche amico a cena senza per forza aspettare l’estate.
Vivere in camper senza viaggiare è molto diverso dalla vita su quattro ruote itinerante: la voglia di esplorazione e di scoperta che si hanno durante gli spostamenti in giro per il mondo ci hanno portato a dare la precedenza a ciò che ci comunicava l’esterno da noi, luoghi, persone e avvenimenti, vivendo il camper come una tana a fine giornata. Quella era la casa di cui avevamo bisogno in quel momento. Quando ci si ferma per un lungo periodo tornano a galla le passioni assopite, le energie che provengono dall’interno di noi stessi e che ci parlano dei nostri progetti come individui, che lasciando la Valtellina avevamo messo da parte, in standby; queste stesse energie ci stanno facendo immaginare un sogno di vita qui, che abbiamo intenzione di provare a concretizzare. Ma per guardarsi dentro a fondo, concentrarsi per progettare e cominciare a realizzare è necessaria una concreta stabilità, uno spazio per dare spazio.
Perciò per noi la parola casa assume ora un nuovo significato: quello di uno spazio che ci dia la possibilità di dare continuità e stabilità nei percorsi di apprendimento, crescita e realizzazione di persone piccole e grandi. Ciò che ci siamo subito immaginati è una piccola casetta di legno, da costruire con le nostre forze e con pochi investimenti finanziari.
All’inizio tuttavia eravamo titubanti:valeva la pena investire parte dei nostri risparmi non sapendo ancora l’esito della prossima stagione lavorativa di Tomas? Valeva la pena costruire una casa, spendendo energie su un progetto creato su un terreno che per noi è una soluzione temporanea? Qui noi stiamo molto bene, ma la nostra intenzione rimane quella di trovare un terreno da comprare dove costruire il nostro progetto di vita, speriamo comunitaria, con le famiglie con cui anche oggi condividiamo questo terreno. Abbiamo così desistito, mentre alcuni dei nostri compagni di percorso partivano all’azione per mettere in piedi spazi privati più ampi, chi una jurta, chi una casetta in legno. “Noi stiamo bene sul camper, ci basta una veranda un po’ più spaziosa” ci dicevamo. Ma più lo ripetevamo a noi stessi più le mura di lamiera del nostro Icaro mi sembravano strette, più mi immaginavo la svolta quotidiana per noi tutti in un ambiente accogliente e in cui dare spazio alle nostre idee.
Febbraio è arrivato in fretta e da lontano abbiamo cominciato a intravedere il momento in cui Tomas sarebbe dovuto partire per l’Italia in cerca di lavoro, probabilmente a fine aprile.
“Bisogna decidere, se vogliamo creare una casetta è necessario iniziare ora, o sarà troppo tardi” mi ha detto Tomas, che aspettava un mio gesto di assenso per iniziare a mettere su carta un progetto di costruzione a cui pensava più spesso di quanto non mi dicesse.
Mi fermo, mi ascolto, cerco di scrollarmi di dosso le paure e i freni che mi impediscono di ascoltare i miei desideri: la voglio, desidero per il bene della nostra famiglia costruire una casetta a nostra immagine e somiglianza, io e Tomas, con i bambini, insieme, che soddisfi ciò di cui abbiamo bisogno in questo momento.
Partiamo con un’energia esplosiva: Tomas annota le sue mille idee su un quadernino, facendo disegni e pianificando le spese, io cerco di immaginarmi la casa ideale in cui mi sentirei al meglio delle mie potenzialità, i bambini si alimentano della forza propositiva che emaniamo e si radicano nell’idea che la loro quotidianità per un po’ di tempo resterà la stessa. Parliamo di legno e tetti, di isolanti e poligoni, di geometria e costi dei materiali, di tempistiche e dimensioni, e poi il progetto prende forma: abbiamo deciso, le nostre competenze unite ci hanno fornito tutti gli strumenti che sono serviti per idearla e ci serviranno per concretizzarla, siamo pronti.
Una struttura a base rettangolare di circa 35 metriquadri, con una veranda spaziosa esterna, un interno senza muri e un soppalco per lo spazio di Federico e Pietro, un bagno a secco esterno, alimentazione elettrica attraverso impianto a pannelli solari, e una stufa a legna per riscaldarla nel periodo invernale.
Iniziamo i lavori: primo passo: le fondamenta.
E per voi? Cosa significa la parola CASA?