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Rebe di nuovo con noi!

Credo nell’amicizia tra esseri umani e animali.

Storco sempre un po’ il naso quando mi si presentano davanti ali occhi immagini di animali antropomorfizzati, trattati alla stregua di bambini disobbedienti, i cui padroni si aspettano che gli sfortunati animali obbediscano a tutto ciò che dicono loro, come se comprendessero il linguaggio umano o potessero razionalizzare il loro istinto selvaggio.

Credo, al contempo, che sia possibile creare una connessione profonda tra esseri umani e animali, quando si condividono esperienze di benessere e cura reciproca, e in presenza di una particolare alchimia, che lega i due amici per sempre. La storia del legame tra uomini e cani dura da millenni e ha in sé un significato ancestrale.

Rebe è stata la prima cagna di cui mi sono presa cura da quando, più di dieci anni fa, lasciai la mia casa natia per andare a vivere da sola in Valtellina.

Ricordo nitidamente il giorno in cui, con il ragazzo che era a quel tempo il mio datore di lavoro, andammo a prenderla presso la fattoria in cui era nata un paio di mesi prima. La prima volta che la vidi era un batuffolo grigio, il più piccolo e timido della cucciolata, che cercava di farsi strada tra i fratelli per riuscire a raggiungere le mammelle ricche di latte della mamma. La presi fra le mie braccia, e da quel giorno decisi che mi sarei presa cura di lei.

Nell’agriturismo dove lavoravo avevano deciso di adottare un cane da pastore che vivesse vicino alle stalle e facesse la guardia alle capre e agli altri animali che allevavano; la sua vita, tuttavia, si prospettava essere quella di un cane di serie B, meno importante, agli occhi del gestore, della cagna di razza che abitava in casa insieme a loro e sfoggiavano durante le passeggiate.

Rebe, il cui nome è un abbreviativo di Rebelotta (che vuol dire “casinista” in dialetto lombardo), che io e uno dei dipendenti le avevamo affibbiato essendo per natura distratta e maldestra, cresceva abbandonata in un angolo, impaurita dagli altri animali, sporca e denutrita. Ogni volta che potevo mi occupavo di lei, ma non essendo la mia mansione non sempre mi era possibile. Infrangendo le regole, spesso la portavo a casa mia per farle un bagno e portarla a camminare; mi rincorreva fino alla stazione del treno, dietro alla mia bicicletta, e salivamo insieme sul vagone che ci portava a Morbegno.

Non c’era bisogno di guinzagli o molte parole: Rebe stava sempre al mio fianco, e al minimo richiamo prestava attenzione alle indicazioni.

Quando la mia collaborazione lavorativa con l’agriturismo finì, chiesi di poterla adottare, in modo che diventasse a tutti gli effetti sotto la mia responsabilità; grazie alla risposta affermativa del gestore, io e Rebe cominciammo la nostra vita da compagne di avventure, e la sua presenza è stata costante in molti momenti memorabili della mia vita.

È tuttora qui con me e con noi, ma a novembre, quando abbiamo lasciato l’Italia, prendemmo la decisione di lasciarla dai nonni, una seconda casa per lei, a cui era già affezionata e dai quali aveva la compagnia di altri due cani. I mesi sono passati e il nostro viaggio si è prolungato più di quanto ci aspettassimo, tenendoci separati più a lungo del previsto.

E come spesso mi accade, è successo che una serie di segnali mi hanno portato a scegliere di organizzare per la Rebe un viaggio verso di noi.

Durante gli ultimi giorni di permanenza nel terreno di Odemira, notai che, tra i capelli, Nadja sfoggiava una lunga treccina bionada, decorata di perline. Alla mia domanda sulla provenienza di quel particolare ornamento, Nadja mi confidò una storia per lei molto significativa, sul suo legame con una cavalla con cui visse per molti anni, e che morì improvvisamente durante una sua trasferta aerea in Germania. I capelli con cui era intrecciata la ghirlanda provenivano dalla criniera della bestia a lei tanto cara, di cui non vuole perdere il ricordo. 

Questa emozionante rievocazione mi fece pensare a Rebe, al legame che ci unisce e alla distanza che c’era fra noi: volevo che nella mia vita la mia compagna fosse presente o preferivo lasciare che rimanesse lontano, in un luogo in cui comunque ero sicura che stava più che bene, finché non saremmo tornati in Italia? Ma quando saremmo tornati?

Quegli stessi giorni un altro avvenimento intensificò i miei pensieri verso Rebe lontana. Quella notte non avevo dormito tranquilla, avendo fatto strani incubi in cui ero ostacolata nel rivedere la mia fedele compagna pelosa; la mattina successiva appresi da Ines che il loro bassotto Felipe era appena stato ritrovato, dopo aver passato la notte in giro per la cittadina in cui si erano fermati a dormire. Non essendo abituati alla sua scomparsa, si erano molto preoccupati e solo attraverso i social network avevano scoperto che Felipe aveva seguito due cagnette fino al loro terreno, poco distante dall’area di sosta dove i suoi padroni avevano parcheggiato il camper.

Era questo un altro segnale della mia volontà inconscia di ritrovarmi accanto alla mia amica a quattro zampe?

Le occasioni presentatemi per riflettere su ciò mi portarono a prendere una decisione repentina: volevo che Rebe si riunisse alla nostra famiglia!

Prendendo al volo l’occasione che il nostro amico Davide sarebbe venuto in Spagna a portarci un furgone che avevamo lasciato fermo in Valtellina, abbiamo concordato di caricare a bordo anche Rebe, e dopo quattro giorni di viaggio ci siamo trovati vicino a Granada.

Avevo fatto un sogno nelle notti precedenti la trasferta: sognavo un caldo abbraccio tra me e Rebe, di affetto e ritrovamento; ovviamente il momento dell’incontro è stato meno sdolcinato e più agitato, ma ugualmente ricolmo di gioia.

Sono contenta che Rebe passi la sua vita con noi e credo che anche lei ne sia felice: libera, nomade, vivendo in natura tra campi, boschi e spiagge, maldestra e giocherellona come sempre.

Vivere con gli animali mi ha insegnato il grande valore del rispetto delle differenze tra gli esseri viventi, mi ha portato a interrogarmi sul concetto di libertà e responsabilità, e soprattutto mi ha dato prova del forte legame di branco che può crearsi anche tra animali di diverse specie, ognuno differente e speciale.

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